Come ogni anno con la Settimana Santa il grande palcoscenico italiano ha in cartellone oltre tremila fra rappresentazioni, riti religiosi, processioni, feste popolari. Manifestazioni che portando al centro di piazze, vie e chiese il dramma sacro della passione, morte e resurrezione di Cristo coinvolgono l’intera penisola da Nord a Sud. Una grande sacra rappresentazione che spesso altro non è che l’ultima mediazione cristiana di antichi riti tribali e pagani che per l’occasione fanno riaffiorare dalla notte dei tempi la variegata storia multiculturale del nostro paese. Comune un po’ a tutte le manifestazioni è una partenza sulle note dolorose della passione e un finale in crescendo nel tripudio della Santa Pasqua e dei banchetti del Lunedì dell’Angelo. In un viaggio ideale dal settentrione al meridione ecco cosa abbiamo scelto per voi.

A Romagnano Sesia, paese di origine medievale in provincia di Novara, tre giorni sono dedicati alla sacra rappresentazione del Venerdì Santo. E’ una delle più significative manifestazioni di questo tipo. Scene della Passione di Cristo, sulla base dei i testi evangelici integrati da dialoghi appositamente composti in tempi molto lontani, prendono vita per le strade del borgo. Oltre 300 personaggi partecipano all’evento, al quale assiste un pubblico numeroso, che si fa parte della rappresentazione.

A Firenze si svolge la cerimonia dello “Scoppio del Carro” che i fiorentini chiamano “Brindellone”. E’ il monumentale carro risalente alla fine del ‘400 che ogni mattina della domenica di Pasqua è protagonista di una tradizione plurisecolare. L’origine vien fatta risalire addirittura alla prima crociata, che Goffredo di Buglione guidò nel 1099 per la conquista di Gerusalemme e la restituzione in mani cristiane del Santo Sepolcro. Fu il fiorentino Pazzino de’ Pazzi il primo a scalare le mura della Città santa. Per il suo valore Goffredo di Buglione gli donò tre schegge del Santo Sepolcro, attualmente conservate nella chiesa dei Santi Apostoli. Ogni sabato santo, i giovani di tutte le famiglie usavano recarsi nella cattedrale dove, al fuoco benedetto che ardeva, accendevano rispettivamente una piccola torcia per poi andare in processione per la città a portare la fiamma purificatrice in ogni focolare domestico. Al tempo di Pazzino il fuoco santo veniva acceso proprio con le scintille sprigionate dallo sfregamento delle tre schegge di pietra del Santo Sepolcro. Con il passar del tempo, la cerimonia divenne sempre più complessa e il fuoco santo si cominciò a trasportare in un carro. Era la famiglia Pazzi che si occupava dell’organizzazione del carro, fino alla celebre congiura contro i Medici che portò alla cancellazione della famiglia e anche alla sospensione della cerimonia. Riprese a furor di popolo alla cacciata dei Medici da Firenze nel 1494. Risale ad allora l’imponente carro a tre piani ancora oggi protagonista della cerimonia. La mattina di Pasqua, il “Brindellone”, così lo chiamno i fiorentini, viene fatto uscire dal suo deposito di Porta al Prato e, trainato da due buoi bianchi e scortato da 150 fra figuranti, musici e sbandieratori, arriva in piazza del Duomo. Contemporaneamente dalla Chiesa dei SS Apostoli, dove è stato acceso il fuoco benedetto, esce il corteo con il gonfalone di Firenze, le autorità e i sacerdoti che officieranno la funzione in Duomo. Al momento del Gloria, l’arcivescovo accende la miccia di un razzo, nascosto nelle sembianze di una colomba bianca, la “colombina”. Questa, lungo un cavo di acciaio, attraversa tutta la cattedrale per andare a incendiare il carro, che scoppierà fra un tripudio di scoppi d’artificio. Distribuendo simbolicamente il fuoco benedetto ai fiorentini. Di buon auspicio, se il volo sarà senza ostacoli, di scarsa fortuna se avrà qualche intoppo.

A Grassina, nel comune di Bagno a Ripoli, proprio alle porte di Firenze, la sera del venerdì santo si svolge una sacra rappresentazione, in due fasi contemporanee, che prevede un corteo di circa 500 figuranti, per la Via crucis attraverso le strade del paese, e scene della vita e della passione di Gesù sul “Calvario”, interpretate da circa 100 comparse. Si fa risalire la rappresentazione ai tempi della terribile epidemia di peste nera del 1634, come ringraziamento per aver risparmiato il paese. Da allora, la cerimonia è stata interrotta solo durante le due guerre mondiali e dopo l’alluvione del 1966. Ma è stato negli anni ’80, quando rinacque ad opera di un gruppo di volontari della zona, con nuovi allestimenti e nuove musiche, che ha assunto l’odierna dimensione spettacolare.

A Castiglione di Garfagnana il Giovedì Santo, dopo la Messa In coena Domini, si svolge La Procession de’ crocioni. I fedeli escono di chiesa e seguono processionalmente un uomo vestito da Cristo, con grosse catene ai piedi e carico di una pesante croce di legno. Nessuno, tranne il priore della locale Confraternita, deve conoscere l’identità del penitente. Per far sì che possa mantenere l’anonimato, egli viene rinchiuso in precedenza, dallo stesso priore, in un grande armadio posto nella sacrestia. Uscirà per la processione e, dopo aver percorso le vie del paese, spesso con i piedi sanguinanti, sarà nuovamente chiuso nello stesso armadio, mentre due membri della Confraternita, vestiti da guerrieri romani, fanno la guardia affinché nessuno lo disturbi. A notte inoltrata il penitente potrà finalmente uscire.

L’Antica Giudeata del Venerdì Santo di Chianciano
La Giudeata è la processione del venerdì santo e coinvolge tutta la popolazione in un rito che si tramanda fin dal ‘600. Un suggestivo corteo in costume sfila per le vie del centro storico composto da gruppi di persone che vanno dal Cireneo, da soldati romani a cavallo, dal grande gruppo di Ponzio Pilato, da pie donne, la corte di Erode, l’imponente sinedrio, la turba, Nicodemo; quindi procede la banda musicale e il clero con le sacre effigi del Cristo morto e l’immagine della Madonna Addolorata.

A Cagliari sono le arciconfraternite ad incaricarsi dei numerosi riti pasquali che ruotano intorno ai momenti de “Su Scravamentu” (la deposizione dalla croce) “S’Iscravamentu”(la sepoltura) e “S’incontru” (l’incontro con la Madonna successivo alla resurrezione). Particolarmente suggestiva la Processione delle 7 chiese che risale all’antichissima tradizione medioevale dei pellegrini di far visita alle tombe di Pietro e Paolo. Tradizione che nel corso dei secoli, soprattutto con il primo grande Giubileo del 1300, aveva indicato le tappe che il devoto viaggiatore doveva compiere una volta giunto nella Roma degli apostoli e dei martiri. Si parte dalla Chiesa di Sant’Efisio listato a lutto (pennacchio nero) con i confratelli in abito penitenziale e cappuccio celeste. Una folla di fedeli si unisce in processione nella visita dei “Sepolcri” allestiti in ogni chiesa con il tradizionale addobbo de “su nènniri”. Quest’ultimo si rifà al ciclo agrario e ripropone il mito pagano dei “Giardini di Adone” e si prepara deponendo i chicchi di grano o altri legumi in un piatto con bambagia, da tenere bagnata, in un luogo caldo e buio. I chicchi germogliano mantenendo un colore giallognolo in quanto viene a mancare l’azione clorofilliana. Dopo essere stati abbelliti con nastri policromi i piatti vengono sistemati nei “Sepolcri”. La prima tappa del corteo è in genere nella chiesa dedicata a Sant’Antonio, e anche se ogni anno il tragitto cambia, mete sicure sono le chiese di S.Giovanni e di San Giacomo.

A Ripatransone in provincia di Ascoli Piceno, nella Domenica in Albis (la prima dopo Pasqua) si celebra la Festa della Madonna di San Giovanni, patrona della città, con uno spettacolare carro pirotecnico. Intorno alle 21, spente le luci, fa il suo ingresso in piazza il “Cavallo di Fuoco”, una struttura metallica interamente ricoperta da girandole, mortaretti e petardi. Gli addetti ai fuochi accendono le prime micce: i primi sibili accompagnano le lingue di fuoco che partono ora dalla coda ora dal ventre. La macchina, quindi, viene spinta verso la piazza sottostante tra due ali di folla impaurita e meravigliata, mentre un corteo di giovani con campanacci, fischietti e grida segue il cavallo. Finalmente il carro si ferma dinanzi alla scalinata della cattedrale, appena dopo lo scoppio di fuochi che volano oltre il campanile. Qui, avviene l’accensione delle grandi girandole poste sulla testa del Cavallo, e un’accecante luce bianca contornata da una pioggia di scintille conclude la festa tra gli applausi del pubblico.

Processione del Cristo Morto a Porto Recanati (MC), chiamata la processione della “Bara de notte” il cui feretro è portato in corteo da dodici “sciabegotti”, cioè pescatori a piedi scalzi. La processione trae le sue origini da antichi riti medioevali, ma la formula con cui si presenta attualmente risale al 1713 e fu istituita dalla Confraternita del Cristo Morto. Lo scopo che si propose la Confraternita era quello di prestare assistenza ai poveri. Il culmine della festa è rappresentato dall’allestimento della bara, una struttura in legno e tela che simboleggia il sepolcro di Gesù. La bara viene montata in gran segreto da un artigiano che viene precedentemente incaricato dal suo predecessore, mentre durante la giornata del venerdì Santo viene posto nella bara un simulacro del Cristo. La processione inizia alle prime ore della sera: la “Bara de notte” viene portata per le vie del paese dai pescatori, seguiti dalle donne, da tre uomini vestiti con due tuniche nere e una bianca, scalzi e incapucciati, che portano sulle spalle una croce e che rappresentano Cristo e i due ladroni, e infine dai figli dei pescatori, che portano le statue della Madonna, di San Giovanni e di Maria Maddalena.

In Campania a Sorrento sono due le processioni nel giorno del venerdì santo, la “Bianca” e la “Nera”. Quella degli incappucciati vestiti con il saio bianco, organizzata dall’Arciconfraternita di Santa Monica, si svolge nel cuore della notte tra giovedì e venerdì della Settimana Santa: il corteo dei confratelli sfila dietro la statua della Madonna che va alla ricerca di Gesù. Essa è il suggestivo preludio all’altra processione, organizzata nella serata del venerdì dall’Arciconfraternita Morte ed Orazione, in cui sia il saio degli incappucciati sia il vestito della Madonna è nero, il colore che per il popolo rappresenta ancora il doloroso ritrovamento da parte di Maria dell’adorato figlio morto.

A Calimera di Lecce la Pasquetta si festeggia recandosi nei pressi dell’antica chiesa di San Vito, dove si trova un grande masso forato che anticamente era utilizzato per compiere i riti propiziatori della fertilità. L’edificio è situato in campagna ad est del cimitero, lungo i margini del fondo Malachrito nei pressi dell’antico Bosco di Calimera, uno dei luoghi più significativi per la storia economica e culturale del paese. Qui ogni anno la Pro loco organizza una manifestazione durante la quale si compie l’antico rito di passaggio, legato alla rinascita, alla fertilità ed alla propiziazione del buon raccolto. E’ tradizione che, durante il lunedì di Pasqua, piccoli e grandi passino attraverso il foro del grande sasso calcareo, un’usanza pagana che col tempo è stata integrata nell’alveo della cristianità.

A Noicattaro, in provincia di Bari, è la Processione dei crociferi, una via crucis a cui partecipano numerosi fedeli che, con addosso un saio nero ed una corona di spine sul capo, portano una pesante croce sulle spalle. Camminano in strada scalzi ed hanno le caviglie legate da pesanti catene, attraversano le vie della città in gruppi o da soli, la loro identità è sconosciuta ed ignota persino ai familiari. I crociferi trasportano la statua del Cristo morto in processione nelle chiese ove sono stati allestiti i sepolcri, adornati con fiori, piatti e vasi di grano. Essi indossano, come tradizione, la loro veste penitenziale, e recano con sé la pesante croce, che possono poggiare a terra solamente una volta ogni quattro ore. Davanti al tempio della Madonna della Lama viene allestito un grande falò, che la cittadinanza alimenta per tutti e tre i giorni della passione fornendo quintali e quintali di legna. Questa chiesa è la sede della Congrega della Morte e Passione di Cristo, una confraternita che custodisce e tramanda gli antichi riti della settimana santa, e che ogni anno si occupa della loro celebrazione.

Lunedì e martedì e sabato dopo Pasqua torna a Carovigno (Brindisi) la storica processione della “Nzegna”. La tradizione prevede che alcuni abitanti del paese, scelti attraverso un’asta, portino in processione la Madonna di Belvedere fino alla piazza dove, all’interno di un cerchio, verrà battuta la “Nzegna” con la statua della Madonna, i battitori, un vitello ed i musicanti. I battitori con la “Nzegna” attaccata al collo, come in una danza, fanno ripetutamente tre passi a ritmo di tamburo avvicinandosi alla statua della Madonna poi disciolgono la “Nzegna” e si genuflettono in saluto. Qui comincia il gioco vero e proprio: i battitori incominciano a passarsi la “Nzegna” attorno al collo, alle spalle, alle braccia, tra le gambe e la lanciano in alto per richiedere umilmente la protezione della Madonna, poi le offrono la “Nzegna” stessa posandola ai suoi piedi. Gli sbandieratori, invece, sventolano una bandiera multicolore al suono delle chiarine e dei tamburi, indossando costumi storici rossi e blu (i colori della Madonna di Belvedere). La bandiera della “Nzegna” è quadrata con ai bordi dei triangoli colorati (il triangolo è il simbolo della Madonna nel rito religioso greco) e al centro la rosa mistica (simbolo mariano per il rito latino), attaccata a un’asta di legno con a un’estremità una pesante palla di piombo e all’altra dei nastri colorati come quelli attaccati al vitello che viene portato in processione. Questa festa popolare affonda le sue origini in una leggenda: intorno all’anno 1000 fu ritrovata un’immagine della Madonna in una grotta sotterranea, attorno alla quale successivamente si costruì un santuario dove, ancora oggi, i fedeli vanno a pregare, passando per uno stretto cunicolo.

A Vico del Gargano con il passare dei secoli si è sviluppato una modo molto singolare di festeggiare il venerdì santo: la Messa Pazza. Al termine della Processione dell’Addolorata viene celebrata la Santa Messa, durante la liturgia tutti i devoti iniziano un rituale di apparente profanazione con urla, rumori e canti a squarciagola, in realtà, i fedeli esprimono in questo modo il drammatico sconvolgimento dell’umanità per la morte di Cristo.

In Calabria le celebrazioni più spettacolari sono legate alle comunità di lingua albanese, soprattutto in provincia di Cosenza, dove i riti sono celebrati con la liturgia greco-ortodossa di derivazione bizantina. A Lungro (Cs), sede dell’Eparchia (in greco diocesi), si celebra il rito dell’akoluthia davanti all’icona rappresentante il Cristo morto, mentre i fedeli intonano la kalimera (in greco greco “buongiorno”) che in questo caso assume il significato di “buona novella”.

A Barile in provincia di Potenza si svolge una delle processioni più suggestive. Il corteo è aperto da tre centurioni a cavallo seguiti da tre ragazzine in abito bianco che rappresentano le tre Marie, ovvero la Madonna, la Maddalena e Maria di Betania, e da 33 giovani fedeli in nero che simboleggiano gli anni di Cristo, il cui ruolo è secondo tradizione affidato ad un artigiano del paese.

A Trapani in Sicilia la colossale processione dei Misteri, di chiara origine spagnola, risalente al Seicento: un rito lunghissimo che inizia alle 14 del Venerdì santo e si protrae fino alla stessa ora del giorno successivo. Le “vare” – cioè gruppi statuari in legno di una tonnellata ciascuno, realizzati da artigiani trapanesi nel Diciassettesimo e Diciottesimo secolo e raffiguranti episodi e personaggi della passione di Gesù – vengono portati a braccia dai “massari”, che assumono un’andatura caratteristica, l'”annacata”, ritmata sulla musica funebre che accompagna il corteo che si snoda per le vie della città in un crescendo di canti, luci e di toccante e accorata partecipazione per tutta la notte, fin quando alle 14 la processione ritorna nel tempio che custodisce i Misteri, cioè la bella chiesa barocca delle Anime Sante del Purgatorio. (Fonte. IlSole24Ore – Autore: Stefano Biolchini)

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