di Leonida Massaroni
La storia del Bove Finto sicuramente è conosciuta da tutti, pertanto non ritengo necessario spiegarla. Voglio invece narrare ciò che mi è stato raccontato da alcuni personaggi purtroppo scomparsi. Essi partecipavano a questa manifestazione storica e folcloristica con passione, allegria e rispetto reciproco, senza causare danni e gravi incidenti. Quelli che ricordo sono: Tommaso e Luigi Laudadio (Lu Falc e Giggió), Mario Casali, Arturo Ciabattoni (Ippó), Mario e Angelo Benfaremo (Monell’ e P’ló), Costantini Romualdo (Ninitt), Fausto De Santis (La Chi’chi’n), Virgili Dante (Titill), Sumeli Ugo (Pulinar), Giuseppe Brandimarti (Totònn) e Camillo Di Lorenzi (Pazzin).
I migliori anni furono quelli dell’immediato Dopoguerra (1946-1951), quando loro, operai occasionali e uomini del popolo, in quella occasione dimenticavano tutti i propri problemi per dedicarsi solo a quella che ritenevano la più importante festa del paese. A quei tempi il Bove Finto veniva preparato da Lu Falc e Totònn e dalle loro mogli Menichina e Filomena nella zona delle “Cas Vass”. Lo scheletro veniva costruito con pezzi di legno rimediati nelle botteghe dei falegnami, le costate si ricavavano da vecchi setacci rotti e aperti a semicerchio, il mantello di solito era un lenzuolo prelevato di nascosto dalla dote delle loro mogli, la faccia dipinta da qualche pittore locale: Menichina e Filomena lo abbellivano con fiammanti fiocchi, cordoni e bon bon rossi, le corna e la coda accuratamente selezionate e pulite nel locale mattatoio; organizzazione ferrea ed efficiente. Il Gran Giorno iniziava con gli ultimi preparativi del mattino che precedevano la partenza davanti casa di Ubaldo Sergiacomi (“Fuori Porta”), il quale distribuiva dei fischietti ricavati dalle canne che vengono usate per “I Velurd”.
La corsa del Bove si svolgeva nel centro storico visitando tutte le piazze e piazzette di Offida, le fermate, quelle che oggi sono chiamati posti di ristoro erano poche, ma sostanziose: fava ncreccia, pane e olio e qualche volta un po’ di pane e salsiccia. Il vino veniva consumato in grande quantità.
Il tutto era offerto da alcuni proprietari terrieri come Marco Mercolini, Ubaldo Sergiacomi, Alessandro Alessandrini, Erasmo Sergiacomi, Franz Fazi, Cesare De Santis e da semplici cittadini, tra i quali “ primus inter pares” Libero De Santis, insigne maestro di scuola e di vita. Ancora oggi noi più anziani siamo ospiti delle sue due figliole. Lo spettacolo era assicurato e tutto si svolgeva nel massimo ordine e simpatica confusione fino all’ora dell’uccisione che precedeva la sfilata finale. La giornata terminava con una sbevazzata in qualche cantina di Offida. Voglio descrivere alcuni particolari: partecipavano solo uomini, che col nerofumo o con un sughero bruciato si tingevano un occhio; esso rappresentava la reazione della moglie provocata dalla sbornia presa la sera prima (il Giovedì Grasso).
Il Bove Finto in quel periodo fu portato ad Ascoli Piceno in Piazza del Popolo per volontà di Meletti e Orlini (Sindaco di Ascoli) con il camion di Pietro Lu Picchj(e) e a Castel di Lama, a causa delle bandieruole rosse furono scambiati per compagni comunisti che si recavano ad una manifestazione politica.
In Piazza del Popolo ci fu la famosa scena della vescica di maiale piena di sangue di bue che non si rompeva per il freddo. Dopo vari tentativi, lo scopo fu raggiunto con il risultato di vedere pavimento, loggiato e spettatori dipinti di rosso. L’anno dopo, Camiscioni, Palestini e il Dottor Panfili (Sindaco di San Benedetto), vollero il Bove Finto alla Palazzina Azzurra; altra scena bella: il portatore era Tomassino e sotto c’era Monell’; per farla breve inciamparono con i due gradini posti prima della pista cadendo entrambi; trascinarono con loro sedie, tavoli, bicchieri, bottiglie etc… scatenando sorrisi e simpatia che fruttarono abbondanti sbevazzamenti. A questi personaggi nel tempo si sono susseguiti come portatori esterni Giancarlo Il Falco, il sottoscritto, Peppino Il Falco, Eraldo Volponi, Dante Carfagna etc…
Questi ultimi due ancora oggi sono in attività, mentre io, a causa della mia età e di qualche acciacco, mi limito ad effettuare solo la partenza, passando dopo cinquanta metri il Bove a mio figlio Iginio, che ha preso anche il mio posto nella sfilata finale a trascinare con la corda il Bove. In questi ultimi anni, in tre si occupano della preparazione del Bove e sono: Daniele Capriotti, Claudio Calvaresi e Roberto Sergiacomi; ad essi va una nota di merito per passione e disponibilità. Termino raccomandando a voi giovani, che siete la linfa vitale della nuova società, di divertirvi con serenità ed allegria, considerando l’Amicizia, dopo il lavoro e la Famiglia la vostra terza ragione di vita.
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per gentile concessione dell’autore
Fuori Porta (fine anni ‘40): Mario Casali nella veste di torero
In Piazza (1958 ca.): al centro Giancarlo Laudadio (Lu Falc)
Davanti al Dopolavoro (1969): in ginocchio Leonida e sotto il Bove Finto Peppino Laudadio (Lu Falc)
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p align=”center”>La corrida (anni ‘80): al centro Leonida con il Bove Finto