Il Comitato Etico dell’azienda sanitaria delle Marche, per la prima volta in Italia, ha autorizzato il suicidio assistito di un paziente tetraplegico che ne aveva fatto richiesta. L’uomo è un 43enne immobilizzato da dieci anni a causa di un incidente stradale e versa in condizioni irreversibili.

Il suicidio assistito non equivale all’eutanasia: nel suicidio assistito, infatti, il farmaco necessario a uccidersi viene assunto in modo autonomo dalla persona malata. Nell’eutanasia, invece, il medico ha un ruolo fondamentale in quanto può somministrare il farmaco per il fine vita, può sospende le cure o spegnere i macchinari che tengono in vita il paziente.

In una registrazione audio, le parole di Mario: «Sono stanco e voglio essere libero di scegliere il mio fine di vita. Nessuno può dirmi che non sto troppo male per continuare a vivere in queste condizioni».

La decisione dell’ASL delle Marche è stata resa pubblica dall’associazione Luca Coscioni, che aveva seguito fin dall’inizio la vicenda.

La Regione Marche chiarisce che sarà il Tribunale di Ancona a decidere se il paziente potrà avere diritto al suicidio medicalmente assistito. Il Comitato Etico da parte sua ha sollevato dubbi sulle modalità e sulla metodica del farmaco che il soggetto avrebbe chiesto (il tiopentone sodico nella quantità di 20 grammi, senza specificare come dovesse essere somministrato).

La vicenda: il 15 giugno 2021 il Tribunale di Ancona ha ordinato all’ASUR Marche – Azienda Sanitaria Unica Regionale di provvedere, previa acquisizione del relativo parere del Comitato etico territorialmente competente, ad accertare: se la patologia fosse irreversibile, se fosse in grado di intendere e volere, e se il farmaco fosse appropriato a garantirgli una morte senza sofferenza.

La Direzione dell’Area Vasta 2 ha attivato quindi la procedura di richiesta di parere al Comitato Etico Scientifico Regione Marche. Comitato che ha chiesto all’Av2 di istituire una equipe multidisciplinare per visitare il 43enne, verificare la situazione domiciliare allo scopo di ricercare una relazione di cura, di potenziare l’offerta di cure palliative, di ottimizzare la terapia del dolore al fine di ridurre una sofferenza ritenuta insopportabile e contemporaneamente di valutare le condizioni richieste dal tribunale.

L’equipe era composta da: un medico palliativista, un neurologo esperto della patologia dalla quale è affetto il paziente, uno psichiatra, uno psicologo, un medico specialista nel trattamento dei sostegni vitali ai quali il paziente è sottoposto, un infermiere esperto nelle cure domiciliari integrate.

In particolare il Comitato Etico, rispondendo ai quesiti formulati dal Tribunale di Ancona, ha rilevato che l’interessato:
• ha piena capacità di intendere e volere;
• non motiva quali siano i presupposti per i quali è stata richiesto il dosaggio indicato di 20 gr, quantità non supportata da letteratura scientifica;
• non spiega se e con quali modalità si debba procedere tecnicamente alla somministrazione e, se in via preventiva, per conculcare lo stato d’ansia derivante dall’operazione, si voglia avvalere di ansiolitici;
• non risulta chiaro se debba essere utilizzato solo il farmaco indicato dal paziente, nell’ipotesi in cui non si riesca a portare a compimento la procedura di suicidio medicalmente assistito.
Il Comitato etico ritiene altresì non essere di sua competenza l’eventuale individuazione di altre modalità.

Per il Vaticano la scelta giusta è quella delle cure palliative: “La materia delle decisioni di fine-vita costituisce un terreno delicato e controverso”, afferma la Pontificia Accademia per la Vita. “La strada più convincente ci sembra quella di un accompagnamento che assuma l’insieme delle molteplici esigenze personali in queste circostanze così difficili. E’ la logica delle cure palliative, che anche contemplano la possibilità di sospendere tutti i trattamenti che vengano considerati sproporzionati dal paziente, nella relazione che si stabilisce con l’équipe curante”.

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