di Alberto Premici – Dopo le continue istanze presentate in passato dai legali di Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, il promotore della giustizia Vaticana, Alessandro Diddi, darà finalmente il via a nuove indagini sul caso di Emanuela Orlandi, scomparsa nel giugno del 1983. La magistratura vaticana recupererà e analizzerà tutti i vecchi dossier relativi alle passate indagini. Insomma si riparte daccapo.

In una intervista a Rainews24, Pietro Orlandi, spera ancora di dare soluzione ad un caso tra i più controversi e seguiti dall’opinione pubblica: “Da tantissimi anni chiediamo una collaborazione per arrivare a una soluzione finale. Che vengono aperte le indagini è una cosa molto positiva, finalmente forse ci potrà essere una collaborazione tra lo stato italiano e lo stato vaticano visto che, poco tempo fa, è stata fatta una proposta per aprire un’inchiesta parlamentare”.

“Mi auguro di essere convocato e di poter verbalizzare. E’ una cosa che chiedo da tantissimo tempo con l’avvocato Laura Sgrò. Voglio andarci con i piedi di piombo. Sono disponibile e spero di essere ascoltato quanto prima perché nel tempo avrei voluto parlare con loro per i tanti elementi emersi in questi ultimi anni, trovati con l’avvocato Sgrò”.

Orlandi aggiunge che “ci sono cose importanti come i messaggi whatsapp del 2014 che mi sono arrivati tra due persone molto vicine a papa Francesco che parlano di cose di Emanuela”.

“Mi auguro si possa arrivare a una soluzione. La verità c’è, sta da qualche parte, sta e molte persone la conoscono. Grazie grazie al documentario di Netflix “Vatican girl” ora anche al di fuori dell’Italia sanno quello che è successo in questi 40 anni. Forse ci si è resi conto che è una storia che nessuno riuscirà mai a nascondere fino alla fine. Prima o poi si dovrà per forza di cose arrivare a una soluzione. Ne sono convinto”.

“In Vaticano ci sono persone a conoscenza di tutto. Ci sono situazioni mai volutamente approfondite. Forse per la prima volta il Vaticano ha deciso di mettere un punto chiave, di arrivare a una soluzione”.

Dopo 40 anni di silenzi e depistaggi, l’angoscia della famiglia Orlandi potrebbe finire, se il riesame di tutta la vicenda non sarà ostacolato da nessuna delle parti in causa.

Nel tempo si sono avvicendate nel caso figure come Ali Agca, i turchi dei Lupi Grigi, i servizi Bulgari, il KGB, lo IOR, la banda della Magliana, mons. Marcinkus, il banco Ambrosiano, Roberto Calvi, la CIA, i servizi italiani, diversi alti prelati, il cimitero Teutonico presso il Vaticano, complicando e depistando tutte le linee d’inchieste avviate e sistematicamente archiviate.

Tra le piste seguite, anche quella che ipotizza Emanuela Orlandi attirata e uccisa in un giro di festini a sfondo sessuale, in cui sarebbero stati coinvolti esponenti del clero, un gendarme vaticano e personale diplomatico di un’ambasciata straniera presso la Santa Sede o quella che conduce a Boston, con il coinvolgimento di preti pedofili.

Forse la soluzione del mistero della sparizione di una ragazza, nel pieno della vita e mai più ritrovata, potrebbe essere più semplice e breve di quanto appare, se inquirenti italiani, stranieri e del Vaticano collaborassero concretamente.

Tra i documenti da verificare, ce n’è uno dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica in cui si elencano prestazioni economiche “resesi necessarie a sostenere le attività svolte a seguito dell’allontanamento domiciliare e delle fasi successive allo stesso della cittadina Emanuela Orlandi”.

Il documento, su cui si chiede verifica di autenticità, potrebbe essere la prova che Emanuela Orlandi è stata in vita per ben 14 anni, dopo la sua sparizione nel 1983, fino al 1997, soggiornando in un convitto per sole ragazze al 176 Chapman Road di Londra.

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